A Nocera Terinese (in provincia di Catanzaro) il Sabato Santo di buon’ora la processione si snoda per le strade del paese: i fratelli di una confraternita, vestiti con una tonaca bianca ed in testa una corona di spine, portano a spalla la statua dell’Addolorata, fermandosi davanti alle Chiese ed alle edicole sacre per arrivare al Calvario, posto nella zona alta del paese a rievocare il sacrificio di Cristo, per la redenzione dell’umanità.
E mentre la popolazione, al suono della banda musicale, innalza canti religiosi, arriva, correndo, un uomo scalzo, in calzoni corti neri, che si percuote a sangue le cosce ed i polpacci con un pezzo di sughero in cui sono conficcate 13 schegge di vetro (il cardo).
Il vattiènte, scalzo, è legato tramite una cordicella nera, in segno di lutto, all’Ecce homo – un ragazzino a torso nudo con alla cintola un drappo rosso che porta sulle spalle una croce in legno, anch’essa ricoperta con una tela di colore rosso.
Il sangue da versare deve fluire costantemente vivo, cosicchè sulle ferite del vattiente viene versato dal portatote di vino (‘u spruffatùre era detto a Terranova, perché il liquido era spruzzato con la bocca) del vino misto ad aceto, per disinfettare e nello stesso tempo evitare il coagulo del sangue stessoIl simbolismo cromatico è evidente: il colore rosso, come il sangue, scaccia il male; è rosso anche il colore dei corni che alcuni ancora oggi usano come portafortuna ed è ancora rosso il colore di qualche indumento che nella nostra società del terzo millennio si indossa per inaugurare il nuovo anno.L’atto della flagellazione ha la funzione di propiziarsi la divinità, a nome della propria famiglia, degli amici e di tutta la collettività; questo simboleggia il rituale di lasciare tracce di sangue sull’uscio delle porte e sui muri.Col tempo la funzione apotropaica dei vattienti è andata attenuandosi e le connotazioni del rituale hanno subito trasformazioni, soprattutto in seguito alle proibizioni delle autorità civili e religiose.