Il Cinema e la sua storia
Tutta la complessa organizzazione cinematografica è nata il giorno in cui l’uomo si accorse che le immagini, anche quelle dei più grandi pittori, per belle ed espressive che fossero, erano immobili. Ci voleva qualcosa che riproducesse un fenomeno naturale tanto frequente e multiforme: il movimento.
Già gli Egiziani nell’antichità avevano scoperto la percezione dell’occhio nella decodificazione delle immagini proiettate. In Grecia Platone con “il mito della caverna” faceva riferimento al concetto della proiezione. Ed è proprio Greca l’origine della parola Cinematografica: da KINEMA che vuol dire movimento e GRAPHO che vuol dire scrivere, questo vocabolo significa appunto “scrittura del movimento”, quindi “riproduzione del movimento”.
In Cina le “ombre Cinesi” erano fondate sul principio della proiezione su schermo delle ombre di alcuni oggetti fatti muovere davanti ad una fonte luminosa.
La Lanterna Magica
Nel Medioevo venne ripresa questa tecnica e nel secolo XVII in Germania venne raffinata prendendo il nome di LANTERNA MAGICA. Questo era un apparecchio sul quale erano sistemate delle torce e delle lenti che ingrandivano le immagini, proiettandole su di uno schermo.
Ma il primo che riuscì a dare una parvenza di movimento delle immagini fu Joseph Plateau il quale nel 1832 costruì il fenachisticopio, un apparecchio formato da un disco di carbone su cui erano disegnate le fasi successive dell’azione: quando il disco girava, le figure osservate attraverso le fessure longitudinali davanti ad uno specchio davano l’illusione del movimento.
Nel 1850 si pensò, riprendendo il principio del fenachistoscopio di Plateau, di sostituire ai disegni delle fotografie; anche in questo modo però il movimento delle immagini risultava piuttosto faticoso ed incerto, ed inoltre inizialmente costringeva a dei tempi di posa lunghissimi. Sarebbe stato necessario fare delle fotografie abbastanza simili una all’altra, in modo da creare un’idea del movimento armonico e graduale, se osservate successivamente.
Da Plateau si ha un notevole sviluppo dell’industria chimica in tutti i Paesi più evoluti al Mondo. Si arriva così nel 1865 alla fabbricazione della prima celluloide o pellicola. Parallelamente a questi progressi dell’immagine, abbiamo uno sviluppo analogo delle tecniche del suono.
Con la costruzione del fucile fotografico Etienne Jules Marey (1882), un professore Francese, inventò la prima rudimentale macchina da presa, che riusciva a ritrarre circa 12 fotogrammi al secondo. Le fotografie vengono a stamparsi su di una corona di una lastra di vetro che si muove secondo un movimento rotatorio a scatti. Ciò nonostante, le immagini risultano di piccole dimensioni e quindi di qualità molto mediocre.
Più tardi per sopperire a questo inconveniente, Marey mette a punto il cronofotografo dove alla lastra di vetro veniva sostituito un rotolo di carta sensibile che scorreva molto più velocemente e l’immagine era molto più nitida. Ma anche qui c’era un inconveniente: il rotolo di carta non era perforato e quindi le immagini non avevano la stessa distanza le une dalle altre. Ma come era possibile fare in modo che questi fotogrammi, così simili gli uni agli altri, si muovessero?
Il cinetoscopio di Tommaso Edison
A questo risultato giunse nel 1889 Tommaso Edison, che tentò di applicare la fotografia al cinema costruendo il cinetoscopio, un apparecchio mediante il quale era finalmente possibile vedere le istantanee che si muovevano. Infatti, applicando l’occhio ad un foro munito di lente, si osservava una proiezione animata delle cose fotografiche. Lo spettacolo però presentava un inconveniente: era riservata ad una sola persona…
Tommaso Edison brevetta inoltre il fonografo, uno strumento che serviva per registrare i suoni. Questa operazione si effettua incidendo su un disco di materiale relativamente tenero, posto in rotazione a velocità costante, su di un solco a spirale. Ma bisogna attendere il 1929 per far parlare le immagini. Le scoperte continuano e nel 1887 negli Stati Uniti fu inventata la pellicola 35mm perforata, e nel 1889 sempre negli Stati Uniti nacque la prima industria che produceva pellicole: la Eastmann Kodak.
Nel 1894 si arriva ai primi lavori dei fratelli Lumière e nel 1895, esattamente il 28 Dicembre, alle prime rappresentazioni cinematografiche al Gran Cafè de Paris. I fratelli Lumière avevano inventato un apparecchio che, oltre a fotografare alcune immagini in movimento, era in grado di riprodurle su di uno schermo. Furono loro a chiamare tale apparecchio cinematografo.
Il cinematografo dei fratelli Lumiere
La pellicola dei fratelli Lumière avanzava per mezzo di dentelli sporgenti sui rulli che, inserendosi nei fori della pellicola, ne determinavano il movimento. Il ciclo si svolge in due tempi:
- i dentelli penetrano nelle perforazioni della pellicola, la abbassano di un passo, poi si ritirano dalla pellicola
- in questa fase la pellicola è ferma, mentre i dentelli da soli risalgono alla loro posizione iniziale. L’otturatore è aperto e lascia passare il flusso luminoso. Tutto questo ciclo può ripetersi fino a dodici volte per secondo.
Con i fratelli Lumière le immagini in movimento diventano uno spettacolo, una rappresentazione, un’industria. Infatti durante le proiezioni al Gran Cafè de Paris, lo spettatore pagava per assistere; nasce così la cosiddetta struttura verticale del cinema che prevede la produzione, la realizzazione e l’uso delle immagini da parte dello spettatore.
Storia del Cinema dopo il 1900
Il monopolio Lumière resta fino al 1905. Sono loro i primi produttori, operatori e registi. Le loro prime opere, come “L’uscita degli operai dalla fabbrica” e “L’arrivo del treno alla stazione”, rappresentano delle riproduzioni della realtà. Sono infatti dei reportage, dei documentari, immagini di attualità. Altre produzioni dei fratelli Lumiere sono: “Un bambino fa colazione”, “Una nave salpa dal porto”, L’innaffiatore innaffiato”, ed erano dei cortometraggi che non superavano i 31 metri di pellicola. Erano realizzati mettendo la macchina da presa davanti al soggetto da riprendere e registrando la scena finché non finiva la pellicola. Una critica dell’epoca, definiva tali immagini come “i fatti resi nella loro natura…”.
Con la produzione di questi immagini inizia a prendere piede e ad evolversi anche la tecnica del “montaggio” delle immagini. Lo stesso perfezionamento avviene anche per i movimenti della macchina da presa (movimento in panoramica e successivamente il carrello in avanti e indietro).
Chi però dà una svolta definitiva al cinema, proponendo le immagini come racconto e finzione, e non come semplice riproduzione della realtà, è G. Meliès. Egli costruisce nel suo appartamento il primo studio cinematografico; perfeziona i movimenti della macchina da presa e soprattutto inizia l’utilizzazione di trucchi cinematografici, come le sovraimpressioni e comincia con lui ad avere rilievo anche il ritmo del montaggio delle immagini.
I fratelli Lumière facevano cortometraggi fino ad esaurimento pellicola, Meliès invece, usa la stessa tecnica ma, ad esempio, nel film “Cenerentola”, mette insieme, cioè “monta”, venti di questi cortometraggi, che hanno in sé solo però la continuità del soggetto.
Degni di nota sono i sui film “Viaggio sulla Luna” del 1902 e “Viaggio attraverso l’impossibile” del 1904 che danno al contenuto filmico il gusto del fantastico e del meraviglioso attraverso i primi trucchi cinematografici.
Oltre che in Francia il cinema si sviluppa in gran parte del Mondo anche se i contenuti sono diversi da Nazione a Nazione. Le prime produzioni Italiane sono: “La presa di Roma” di Filoteo Alberini nel 1905, che ricostruisce gli avvenimenti del 1870. Nel 1904 Roberto Omegna realizza “La I corsa automobilistica Susa-Moncenisio”, e dal 1908 al 1914 Luigi Maggi realizza “Gli ultimi giorni di Pompei”.
In Russia abbiamo la produzione del film “La Russia di Nicola II e Lev Tolstoj” di Esfor’ Sub del 1919. Ma i due paesi che si distinguono ancora per l’organizzazione e l’intraprendenza e ai quali si deve il successo del cinema sono gli Stati Uniti e la Francia. Infatti il cinema inizia ad avere una sua organizzazione e cominciano a moltiplicarsi le sale cinematografiche: per renderci conto dell’enorme successo di questa nuova forma di spettacolo basta pensare che nel 1906 a New York c’erano 16 sale e nel 1908 circa 500. Nascono così le piccole compagnie di commercianti che distribuiscono nelle sale i film prodotti da produttori indipendenti. Da questo momento in poi si sviluppano anche le grandi compagnie produttive e distributive: la Fox, la Warner Bros, la Columbia, la Paramount, etc.
Iniziano inoltre anche a comparire i nomi degli attori che interpretano le storie ed assistiamo quindi alla nascita del fenomeno “divismo”. In Francia C. Pathè costruisce dei grandissimi studi dove vengono effettuate le riprese e invade con le sue pellicole il mercato mondiale nel 1907 però subentra una crisi del mercato cinematografico a causa di una grande massificazione delle immagini che rallenta l’interesse del pubblico.
Presto però si arriva ad una ripresa del cinema con l’introduzione di nuovi generi di produzione filmiche, soprattutto quelli a tematiche religiose. Inoltre fa il suo ingresso il film “d’arte”, rivolto soprattutto ad un pubblico critico ed intellettuale. Sorgono le prime associazioni degli autori cinematografici, degli attori e dei tecnici.
In Italia i registi riprendono il concetto di cinema “d’arte” e lo elaborano fino a dare al messaggio filmico concetti di spettacolarità. Degni di nota sono i film “Quo vadis” di Guazzoni nel 1913 che dura circa due ore e il film “Cabiria” di Pastrone del 1914, che riscuote un grandissimo successo. Pastrone, che si firmava con il pseudonimo Piero Fosco, girava oltre a “Cabiria” anche la “Caduta di Troia” (1910), il quale per il grande successo ottenuto consacra il cinema Italiano nel mercato Internazionale. Pastrone brevetta e utilizza per la prima volta un procedimento da lui inventato che nella tecnica cinematografica si chiama “carrello” (in inglese “travelling”), attraverso il quale la macchina da presa può andareb avanti e indietro, passando dal primo piano al totale senza interruzioni o stacchi.
Negli Stati Uniti intanto Griffith realizza due capolavori che rappresentano una tappa fondamentale per l’evoluzione del cinema: “Intolerance” del 1916 e “Nascita di una Nazione” del 1915. In queste due opere Griffith introduce per la prima volta il montaggio parallelo, vale a dire due situazioni che si sviluppano narrativamente nello stesso momento, in due posti diversi. Inoltre inizia anche l’impiego del “flashback”, cioè della scena retrospettiva, che riguarda uno o più avvenimenti del passato che vengono integrati con la vicenda filmica che si svolge nel presente.
Nel 1915 nascono i primi idoli per lo spettatore. Negli Stati Uniti Rodolfo Valentino, poi Buster Keaton e Charlie Chaplin. Nel 1918 si assiste al trionfo della Paramount che distribuisce i suoi film su tutto il mercato mondiale.
Storia del Cinema: “L’espressionismo”
In Europa, la Francia, l’Italia e la Germania si apprestano a lanciare sul proprio territorio un messaggio filmico che privilegia il contenuto. Si cerca così di contrastare la produzione americana che opera l’investimento di alti buget trascurando l’aspetto contenutistico e privilegiando invece la spettacolarità. In Germania, a Monaco, intorno al 1910, sorge un movimento culturale chiamato espressionismo proprio per contrapporsi, da un punto di vista contenutistico ed estetico, all’impressionismo e al naturalismo che attingevano la loro produzione nella letteratura di Dumas, Hugo, Zola. Il movimento culturale trova immediatamente grande respiro, e i suoi concetti influenzano le strade, le locandine dei teatri, le decorazioni dei caffè, le boutiques, le mostre e ogni tipo di comunicazione artistica.
“I film dovranno diventare dei disegni viventi…”. Questo proclama è di Hermann Warm, scenografo di “Caligari”, uno dei primi esponenti del movimento dell’espressionismo, e di questo diventerà la chiave estetica.
Secondo gli espressionisti tutto deve essere subordinato ad un mondo che disarticola e deforma le prospettive, l’illuminazione, le forme, le architetture. Da questo universo deformato l’uomo si armonizza con la concezione onirica dei fatti, privilegiando l’espressività del gesto e quindi della recitazione, rispetto all’ambiente. Il racconto filmico, con il movimento degli attori, condizionati dalla luce e dall’ambiente e da un modo recitativo che si avvicina alla pantomima, acquista un ritmo sincopato, cioè a scatti.
I primi film dell’espressionismo non sono altro che una serie di quadri staccati l’uno dall’altro, riproducenti un atteggiamento o un’azione dell’attore.
L’espressionismo privilegia i temi dell’amore, del fantastico e del crimine. I suoi maggiori esponenti sono: F. Murnau che realizza il film “Nosferatu” nel 1922 e “L’ultimo uomo” del 1924; più tardi Fritz Lang che nel 1930 realizza “Il mostro di DUssendorf”.
Tornando agli Stati Uniti, nel 1927 viene realizzato da Alan Crosland “Il cantante di jazz” prodotto dai fratelli Warner. Questo film segna una nuova era nel cinema: infatti le immagini non sono più rappresentate come elementi muti, ma hanno il supporto del parlato, degli effetti sonori, della musica. Il film diventa sonoro ed il rinnovamento è totale.
Oltre ai cambiamenti provocati dall’introduzione del sonoro, mutano anche le tecniche di ripresa e di proiezione; infatti le azioni sono girate e riprodotte a 24 fotogrammi al secondo e non più a 16 fotogrammi al secondo. Il film si impone come mezzo audiovisivo: aumentano le capacità percettive, la predisposizione dialettica, l’identificazione dello spettatore davanti al messaggio filmico e il cinema vede così accrescere la sua popolarità. Ma l’evento dell’introduzione del parlato provoca uno stravolgimento dei principi creativi e realizzativi e si impongono delle nuove metodologie. Spariscono i personaggi caratterizzati da un cliché interpretativo gestuale: Charlot si esaurisce, perdono significato e incisività i personaggi interpretati da Buster Keaton. Dopo i primi rifiuti, Chaplin è costretto a cambiare i parametri della sua espressività.
Altri attori perdono la loro personalità per evidenti problemi di voce. Il disorientamento è totale. Per supplire all’identità del nuovo cinema sonoro si fa ricorso agli attori di teatro che impongono i loro metodi di recitazione, e i film cominciano a somigliare a spettacoli teatrali filmati. Questo fattore suscita una inevitabile repressione del messaggio filmico. Ma piano piano tutte le cinematografie mondiali accettano la novità del sonoro divulgata dai fratelli Warner.
In Europa, la Gran Bretagna è una delle prime Nazioni ad adottare la tecnica del sonoro nel 1929 con il cortometraggio di Alfred Hitchcock “Il ricatto”; e nel 1930 “L’angelo Azzurro”, interpretato da Marlene Dietrich, realizzato da J. Von Stenberg, è il primo film sonoro in Germania. In Francia nello stesso anno viene realizzato da Renè Clair il film “Sotto i tetti di Parigi”. In Giappone, sempre nel 1930, abbiamo come film sonoro “Il paese natale” di Mizoguchi. E’ poi la volta dell’India nel 1931 che realizza il film sonoro dal titolo “Alam Ara” del regista Irani. E’ importante sottolineare che dal 1927 in poi cominciano a delinearsi e a distinguersi le varie figure professionali che operano nel cinema. Nascono le figure degli sceneggiatori e dialoghisti; il regista viene considerato un realizzatore che rielabora lo script, cioè la sceneggiatura, adattandolo alle nuove figure di attori che si impongono sul mercato.
Il produttore diventa una figura indispensabile sia per l’aspetto produttivo, sia per l’aspetto organizzativo, che per quello distributivo. In questa ottica nascono i generi filmici e con essi la distinzione delle varie figure professionali: il fonico, il musicista (che compone le musiche in rapporto con le immagini), il mixer, etc. I nuovi generi filmici privilegiano il sonoro, e sono la commedia musicale, il musical, il dramma psicologico.
Storia del cinema: studi e teorie
Per quanto riguarda le tecniche di montaggio, elemento fondamentale per la ricostruzione di un messaggio filmico, già prima del sonoro erano iniziati degli studi e delle teorie.
Nel 1919 Koulechov dimostra che c’è una influenza ed un rapporto tra un’inquadratura e l’altra. Infatti ogni piano di ripresa deve essere costruito e rapportato ad uno successivo, affinché la trama possa acquistare una sua logicità.
Eisenstein studia e teorizza diversi concetti che sono fondamentali per articolare in modo logico e analitico il film. E’ importante il concetto della composizione del quadro filmico; secondo Eisenstein l’immagine nasce da un movimento percettivo dell’autore che accoppia luci, attori, ambienti, in modo tale da suggerire allo spettatore l’atmosfera nella quale si svolge una determinata azione. Inoltre attraverso il montaggio egli teorizza la musicalità delle inquadrature che si accoppiano tra loro secondo i principi di un disegno metrico così come farebbe un compositore con un testo musicale. In un passo fondamentale Eisenstein rintraccia la logica del montaggio simbolico nei segni ideogrammici dell’antica scrittura Giapponese: “Il principio cinematografico è l’ideogramma… il cinematografo è prima di tutto il montaggio… il principio del montaggio può essere considerato come l’anima della cultura figurativa Giapponese… la combinazione di due geroglifici della serie più semplice non deve essere considerata come la loro somma, ma come il loro prodotto, e cioè come una grandezza d’altra dimensione e altro grado; se ciascuno corrisponde separatamente ad un oggetto, ad un fatto, la loro combinazione corrisponde ad un concetto. Con la combinazione di due “figurabili” si riesce a delineare ciò che graficamente figurabile non è. Facciamo un esempio: la raffigurazione dell’acqua e di un occhio significa “piangere”, la raffigurazione di un orecchio vicino ad una porta vuol dire “ascoltare”, di un cane e di una bocca “abbaiare”, di una bocca e di un uccello “cantare”, di un coltello e di un cuore “dolore”, e così via: ma questo è il montaggio!”.
Inoltre dobbiamo dire che il risultato del rapporto tra atmosfera, ripresa e montaggio è il valore tonale della scena. Nel film “La carrozzata Potemkim” di Eisenstein del 1925, nella sequenza dello sciopero degli operai, nonostante le diverse inquadrature che la compongono sia della stessa lunghezza, emerge sempre un’immagine del valore visivo superiore alle altre: il bambino nella carrozzina che precipita lungo le scalinate di Odessa.
Negli anni ’30, nonostante la crisi del ’29, gli Stati Uniti impongono sul mercato nuovi prodotti filmici. Nasce il film di “serie B” o a piccolo budget, che viene realizzato a costi inferiori degli altri e privilegia il ritmo e l’efficacia del racconto rispetto ai mezzi tecnici. Negli anni ’30 è importante la produzione Warner che si orienta su diversi generi: film di gangster, polizieschi, melodrammatici, fantastici, commedie musicali, ed è in questi anni che assiste al successo in tutto il Mondo dei film d’animazione, grazie alla Walt Disney.
Negli Stati Uniti in questi anni approdano diversi cineasti Europei che introducono nuovi messaggi filmici, privilegiando il sociale ed il politico. C’è un attimo di disorientamento e anche gli Stati Uniti si adeguano prendendo in esame problemi ed analisi sociali e storiche del proprio tempo. I cineasti quindi adottano delle linee espressive diversificate: da una parte i cosiddetti generi filmici di evasione, e dall’altra film d’impegno e d’autore. E’ interessante notare che in questo periodo nel cinema-industria americano si comincia a delineare la figura del “producer” attuale. Infatti il regista in America non ha il diritto di collaborare al montaggio del proprio film. Le responsabilità del montaggio spetta al produttore che decide, in base alle leggi di mercato, quali devono essere i requisiti del film che produce.
Storia del cinema: la nascita di Cinecittà
In questo periodo in Italia vengono create le strutture che rendono famoso il cinema Italiano in tutto il Mondo: il “Centro sperimentale di cinematografia” e gli studi di “Cinecittà”. In questa nuova dimensione i cineasti Italiani articolano un messaggio filmico che trova le sue fonti di inspirazione nel popolare, ma è tagliato dalla sua realtà sociale per via del fascismo. E’ così che sorge il cinema dei “telefono bianchi”, dove il motivo ispirativo popolare viene rappresentato senza la realtà sociale.
In Francia trionfa un cinema che rispecchia la realtà quotidiana che viene descritta a forti tinte. E’ interessante ricordare il film “La Marsigliese” di Jean Renoir, per la cui realizzazione l’autore fece acquistare in anticipo i biglietti dal pubblico. Ricordiamo inoltre la figura di J. Prevèrt, grandissimo poeta e scrittore, che rese famosi con i suoi dialoghi film come “Il porto delle nebbie” e “Alba tragica”.
L’America ci consegna due capolavori: “Via col vento” di Fleming, tratto dall’omonimo bestseller, e “Quarto potere” di Orson Welles. Dal 1940 in poi si sviluppano i generi della commedia leggera e i film d’ambiente realizzati da Howard Hawks e Frank Capra. Oltre a questi abbiamo i film di guerra le cui intenzioni sono quelle di far comprendere e analizzare gli effetti del conflitto. Ricordiamo il film “Casablanca” di Michael Curtiz, che interpretato da H. Bogart nel 1942 riporta 7 Oscar.
Storia del cinema: il neorealismo
Si sviluppano inoltre, e non solo in America ma anche in altri Paesi Europei, i documentari di propaganda. In Italia è proprio il documentario a dare la spinta decisiva a quello che sarà più tardi chiamato neorealismo. Rossellini, De Sica, e lo stesso Antonioni con molti altri registi, si cimentano nel documentario, considerato l’unico mezzo per cogliere la quotidianità. Nei film del neo-realismo italiano è determinante l’ambiente come ideologia del sentimento e della solidarietà sociale. L’annientamento della dignità umana conseguente alla seconda guerra mondiale, fa sì che si rivaluti un’analisi poetica del microcosmo i rapporti umani e i “piccoli gesti”. Esempi sono i film scritti da Cesare Zavattini e realizzati da De Sica: “Sciuscià” e “Ladri di biciclette” del 1948. I protagonisti in questi film vengono presi dalla strada e si fa a meno delle vedettes che invece caratterizzano le altre produzioni. Questi rapporti umani e la riproduzione della realtà vengono elaborati in un contesto storico, quello dell’ultima guerra, nei film di Rossellini: “Roma città aperta”, e “Paisà” del 1946.
In Russia il cinema di guerra assorbe la maggior parte delle produzioni. Si assiste ad un deterioramento del messaggio filmico; la scuola sovietica subisce un fenomeno regressivo e non porta più quelle innovazioni tecnico-contenutistiche che avevano caratterizzato il decennio precedente.
Da un punto di vista tecnico, invece, gli anni ’40 sono importanti in quanto si raffinano le tecniche del colore anche se gli esperimenti erano cominciati molto tempo prima, ed erano andati sempre più sviluppandosi.
Nel 1941 fu realizzato il primo film a colori distribuito nelle sale: “Le donne sono i migliori diplomatici”.
La storia del cinema: anni ’50, la concorrenza della televisione
Gli anni ’50 sono caratterizzati dallo strapotere del cinema Statunitense. Alla base del grande sviluppo del cinema negli Stati Uniti ci sono due cause: la prima tecnica, la seconda di mentalità. L’evoluzione tecnica si rende necessaria per la concorrenza della televisione che nasce agli inizi degli anni ’50. Si inventa il cinemascope, e le nuove tecniche degli effetti speciali.
Per cambiamento di mentalità si intende invece un irrigidimento su posizioni ideologiche del messaggio filmico dovuto alla guerra fredda. Si sviluppa così il genere dei film fantastici che assumono anche delle tinte metaforiche dovute alle situazioni di tensione tra Est e Ovest, come ad esempio “La guerra dei mondi”.
Il genere western, invece privilegia un discorso sull’identità nazionale e sulla storia degli Stati Uniti con la tendenza a spettacolarizzare piccole e grandi storie. Ricordiamo i film “Apache”, “Johnny Guitar”, “Mezzogiorno di fuoco” di Zinnemann, realizzato nel 1952. E’ interessante notare in quest’ultimo film, che quasi tutte le azioni sono raccontate in tempo reale. Il tempo della finzione quindi, equivale al tempo della realtà: una ricostruzione dei fatti secondo uno sviluppo del tempo che nel film di Zinnemann è scandito da un orgoglio. Vedremo più tardi in dettaglio questa forma di racconto.
Nello stesso periodo sorgono i primi cineasti dissidenti che sono costretti, durante la “caccia alle streghe”, a lavorare nell’anonimato. Tra questi ricordiamo Dalton Trumbo, che si firmava con uno pseudonimo alla fine degli anni ’50, e in seguito firmò con il suo vero nome il film di Stanley Kubrick “Spartacus” e il film “Exodus” di Otto Preminger.
Molti cineasti Europei emigrarono in questi anni negli Stati Uniti, ricordiamo: Joseph Losey, Dassin, Berry, etc. Arriva inoltre una nuova generazione di autori americani che fa scuola in tutto il Mondo, come L. Kasdan, N. Ray, J. Huston, B. Wilder, Fuller.
In Europa, soprattutto in Italia e in Francia, si privilegia il cinema della strada e il realismo. C’è però una volontà estetica di proporre al grosso pubblico anche film di evasione e commedie brillanti. Ma ben presto in Italia salgono ai vertici grandi autori come Visconti, Fellini, Antonioni, che arricchiscono il messaggio filmico di elementi psicologici, di tematiche sociali, di analisi culturali. Si impongono inoltre all’attenzione dei critici all’inizio degli anni ’60, Pier Paolo Pasolini e Rosi.
In Francia abbiamo Bresson e Cocteau. In Spagna Luis Bunuel che insieme al grande artista Dalì introduce nuovi elementi artistici, approfondendo conflitti interiori dell’individuo che è rapportato e descritto in una dimensione surreale.
Negli Stati Uniti Hitchcock continua a proporre le sue opere e molte di esse hanno un grande successo di pubblico: “Rebecca” del 1940, “Il sospetto” del 1941, “Notorius” del 1946.
Storia del cinema: anni ’60, la nouvelle vague
Gli anni ’60, nel cinema mondiale, sono caratterizzati da importanti movimenti. Tra questi la nouvelle vague francese, di cui Truffaut e Godard sono i più importanti esponenti. Questi considerano il regista l’autore a tutti gli effetti del film. Viene inoltre meno il concetto di sceneggiatura e l’autore tende a scrivere in prima persona con le immagini il proprio film. Il messaggio filmico è intellettuale, e si rivolge ad un pubblico intellettuale. I film vengono realizzati a piccolo budget e spesso non trovano i favori del pubblico, abituato a messaggi lineari che scaturiscono da una concezione logica degli avvenimneti che si narrano.
L’esigenza di tenere i costi bassi e quella di trattare gli argomenti in modo fresco e personale, portavano in primo piano alcune tendenze: il cinema spontaneo con la macchina a mano e i microfoni nascosti da una parte, e la teoria di Astruc della camera-stylo, lo strumento flessibile e complesso con cui il nuovo regista doveva scrivere la sua opera sulla celluloide, proprio come gli scrittori fanno sulla carta. Complessivamente c’era anche la tendenza a rompere concretamente e spiritualmente con la teoria tradizionale del cinema francese, che diceva che uno scrittore realizzava una sceneggiatura letteraria per poi disinteressarsi quasi completamente di come essa veniva resa per immagini.
In Inghilterra abbiamo in vece il free-cinema, cioè il cinema libero, sia pure in una forma diversa, così come era stato per il neorealismo italiano, dalle strade. Il risultato è un messaggio filmico fatto di sensazioni e di rappresentazioni libere, senza condizionamenti, dalla realtà.
In Giappone sin dalla fine degli anni ’30 si impongono realizzatori come Ozu, padre del neorealismo giapponese, più tardi Kurosawa, Oshima, Ichikawa. E’ interessante notare nella cinematografia giapponese che tutti i film realizzati sono stati trattati da opere letterarie. Mishima è una delle maggiori scrittrici giapponesi del periodo post-bellico e molte sue opere sono state trasportate sullo schermo.
In Russia le sale cinematografiche vedono una grossa affluenza di pubblico nonostante la crisi che sta attraversando il messaggio filmico. Il cinema viene sempre più utilizzato a scopi propagandistici, e difficilmente gli autori riescono ad offrire film sganciati dalle ideologie imposte dal partito. Nonostante ciò, abbiamo a metà degli anni ’60 uno dei capolavori del cinema mondiale: il film “Andrej Roublev” di A. Tarkovskij.
Nei paesi nordici, in Svezia in particolare, negli anni ’60 si assiste al grande successo di Ingmar Bergaman che passa da concetti teologici, affrontati fino allora, a tematiche psicoanalitiche. Sono infatti importanti le autoanalisi dei personaggi dei suoi film e il rapporto che essi hanno con la società svedese. Questo passaggio avviene in modo netto in uno dei suoi capolavori del 1957 “Il posto delle fragole”.
Nonostante l’influenza ideologica della Russia nei confronti dei paesi satellite, si assiste ad una evoluzione autonoma del cinema polacco e cecoslovacco. In Polonia Waida e Zanussi danno intensità alle tematiche sociali inserndo una vena sottile e critica ai concetti di comunismo. La scuola cecoslovacca ci propone un grande autore che acquisterà fama e gloria solo dopo essere passato in occidente: Milos Forman. Infatti mentre nel suo paese d’origine la sua opera era imbevuta di concetti sociali ritratti in forma umoristica, all’Ovest la sua opera trova un equilibrio estetico-linguistico e contenutistico di grande spessore. Ricordiamo di Forman il film “Qualcuno volò sul nido del cuculo”.
Dagli anni ’50 il messaggio filmico comincia a perdere efficacia per l’incalzare continuo della televisione. In tutti quei paesi che avevano scritto le pagine più importanti della storia del cinema si assiste ad un fenomeno regressivo: il pubblico frequenta sempre meno le sale, aumentano i costi di produzione e la continuità delle produzione filmica viene spezzata e diminuisce. Tutto ciò è dovuto allo sviluppo graduale ma massiccio della televisione che si impone come nuvo mezzo audiovisivo.
Dobbiamo inoltre inoltre accennare anche alle nuove cinematografie di altri paesi, quelli del Terzo Mondo, dell’ America Latina, del Medio e dell’Estremo Oriente, che si impongono alla ribalta e all’attenzione della critica e del pubblico. Ricordiamo il cinema novo brasiliano, il cui massimo esponente è Glauber Rocha. Questo cinema privilegia le tematiche dell’ambiente e delle condizioni sociali. E’ anche importante ricordare Manuel Oliveira, massimo esponente del cinema Portoghese. Nei paesi Africani invece si tende a creare, sia pure con molte difficoltà, un cinema nazionale sostenuto direttamente dalle strutture sociali.
ANV Team